Il claim “bio” è solo un’operazione di marketing o veramente comunica una gestione naturale e genuina dei prodotti? In questo articolo vi spieghiamo perché il miele biologico può essere definito tale e quali sono le condizioni affinché i produttori possano inserire il così tanto controverso bollino “BIO”.
Cosa vuol dire Biologico?
Nell’apicoltura si obietta che il vero miele biologico non esiste perché “non sai mai dove va l’ape”. Il miele biologico invece esiste e ciò è evidente innanzitutto perché l’apicoltore sa bene dove vanno le sue api.
L’ape nel suo ciclo vitale, che è di una quarantina di giorni, fa il giro del mondo in termini di chilometri, ma in quanto a distanza non si allontana, in media, di più di tre chilometri dall’arnia.
Roberto Pinton, segretario di AssoBio, spiega sulla rivista online “Il Fatto Alimentare” che “In relazione al miele biologico, a norma dei regolamenti vigenti (nn. 834/2007 e 889/2008), l’ubicazione degli apiari deve essere tale e che, nel raggio di 3 km dal luogo in cui si trovano, le fonti di nettare e polline siano costituite essenzialmente da coltivazioni ottenute con il metodo di produzione biologico e/o da flora spontanea e/o da coltivazioni sottoposte a cure colturali di basso impatto ambientale”. (“Miele biologico: è davvero possibile? La risposta di Roberto Pinton di AssoBio”, 3 Ago 2020, Il Fatto Alimentare)
Già da questa delucidazione possiamo capire che il miele biologico esiste veramente e che ci sono delle regole che ne indicano la produzione e gestione.
Bisogna, infatti, fare attenzione a ogni minimo particolare per fare in modo che il miele del vostro alveare sia veramente biologico, partendo dall’alveare stesso: questo deve essere costituito da materiali naturali che non presentino rischi di contaminazione per l’ambiente o per i prodotti dell’apicoltura; inoltre, la cera per i nuovi telaini deve provenire da unità di produzione biologica.
È accettato l’utilizzo di prodotti naturali negli alveari: il propoli, la cera e gli oli vegetali; è vietato l’uso di repellenti chimici sintetici durante le operazioni di smielatura e soprattutto è vietata la mutilazione delle api regine (che prevede la spuntatura delle ali).
Per la disinfezione degli apiari sono ammessi trattamenti fisici come il vapore o la fiamma diretta, con il divieto di sostanze fumiganti.
La cura delle api
È molto importante che alle api in regime biologico non venga somministrato alcun trattamento, né antibiotici nè medicinali. è preferibile che vengano nutrite con il loro miele al posto di sciroppi di glucosio, pratica dell’apicoltura tradizionale.
Nell’apicoltura biologica la regina si “autoseleziona”: sopravviverà solo la regina più forte senza l’aiuto di antibiotici. Questo fenomeno può avvenire solo se le api non vengono trattate, perché in questo modo seguiranno le leggi della natura.
Inoltre, per avere un’ottima qualità del miele e per garantire la naturalità, è consigliabile evitare di pompare acqua e zucchero nelle arnie, anche se ciò può compromettere il volume di produzione di miele.
Il processo di pastorizzazione
Nel processo di produzione tradizionale, per entrare nella grande distribuzione, il miele viene spesso sottoposto a pastorizzazione, questo lo porta ad alte temperature (circa 75°C). Il processo di pastorizzazione del miele differisce da quello del latte: l’obiettivo, infatti, non è eliminare microrganismi potenzialmente nocivi all’uomo ma mantenere il miele liquido per un tempo superiore a quello naturale.
Grazie al processo di pastorizzazione il miele può rimanere appetibile più a lungo per i consumatori; tuttavia non è un processo necessario e ormai sempre più aziende stanno scegliendo di non pastorizzare il miele: le vitamine e gli enzimi al suo interno infatti si perdono nel processo di riscaldamento.
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